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L’ALTRO IERI È DOMANI (2)

Ricordando…

Anno scolastico 2018/2019, sede secondaria, maggio, Storia

[SECONDA PUNTATA]

Novembre. Le civiltà antiche. Ho strizzato la mia mente fino a farle accettare la quasi violenza di parlare solo dell’antica Grecia e dell’antica Roma, tacendo tutto il resto.

Ma ho in classe tre ragazzi egiziani e almeno loro devono sapere. Uno disegna un triangolo su un foglio e mi dice: “Quando morivano quelli potenti, finivano qua dentro. Sono ancora cose belle”. (Colleghi professori di storia, perdonatemi se per me è sufficiente).

Arriva il mio turno. Come spiego l’antica Grecia e l’antica Roma? Ci ho pensato a lungo, e mi è venuta una sola idea. Chiedo ai miei studenti se capiscono cosa significa essere vittima di un’ingiustizia. Non mi rispondono: non è bello che io mi prenda gioco di loro.

Traccio una linea verticale sulla lavagna per dividerla in due: “Da una parte c’è un uomo che ha vissuto qui [indico Atene sulla mappa che abbiamo in classe] più di 2000 anni fa. Andava in giro a chiedere alle persone perché facessero quello che facevano. Voleva essere sicuro che lo sapessero. Molti non lo sapevano e quindi lo hanno condannato a morte. I suoi amici gli hanno proposto di scappare dalla prigione, invece lui ha deciso di bere il veleno e farsi uccidere. Da quest’altra parte della lavagna invece ci mettiamo un altro uomo che viveva a Roma, anche lui più di 2000 anni fa. Pure lui pensava che alcune cose non erano giuste. Lui però ha deciso di arrabbiarsi sul serio: ha fatto un paio di guerre e poi ha governato da solo per cambiare tutte le leggi che riteneva ingiuste, fino a quando è stato ucciso. Secondo voi, quale di questi due aveva ragione?”.

Quello che chiedo loro è un’opinione, il classico “Tu cos’avresti fatto?”: la strategia tipica dell’insegnante, per coinvolgere gli studenti. Imbarazzo. I miei ragazzi non sono abituati ad avere un’opinione e tantomeno sono abituati a che qualcuno chieda loro di esprimerla. Poi iniziano a divertirsi, schierandosi chi da una parte e chi dall’altra. La maggioranza dà ragione a Giulio Cesare. Io non sono d’accordo ma ecco, appunto: questa è la democrazia. Povero Socrate, gli ho fatto fare la figura dell’idiota.

Dicembre. Il Medioevo. La Chiesa spiegata ai miei studenti musulmani. E già che ci siamo spiego anche le crociate. Si sente soltanto la voce dell’Europa in questo Medioevo. In classe, invece, di europea ci sono soltanto io.


Gennaio. Il Rinascimento. L’Europa che esce da se stessa, fa “ali al folle volo” [Divina Commedia, Inferno, canto XXVI, v. 124] e così torna a vivere, a respirare. Leonardo Da Vinci, e quello che è il più bel mistero dell’arte in una crudele e necessaria strizzata tra le mie labbra diventa il diritto di sorridere, di essere felici. Hai diritto di essere felice: anche senza un perchè, senza una spiegazione logica; e anche se sei una donna.


Febbraio. La rivoluzione scientifica. Non bisogna credere a tutto quello che sentiamo dire – o che leggiamo sui social - ma soltanto a quello che è dimostrato. Sono passati quattrocento anni, ragazzi, eppure oggi c’è ancora chi tenterà di dirvi che i vaccini sono pericolosi.


Marzo. La Rivoluzione francese: ricchi e poveri sono uguali ed è bene che imparino a collaborare. La Rivoluzione americana, anzi statunitense (come mi fa notare una signora salvadoregna): tutti hanno diritto a chiamare patria la terra dove vivono e lavorano. Questa è la battaglia che i miei studenti stanno combattendo, e riescono perfino a spiegarla a me.


Aprile. Il Risorgimento, l’Italia. Una patria che deve diventare anche un po’ loro. Rimane qualche minuto per parlare di quando noi italiani emigravamo in Francia o negli USA: i miei studenti si guardano allo specchio; e così faccio anch’io. [https://www.aporteschiuse.com/post/discariche-allo-specchio]. C’è tempo per il brigantaggio, che oggi si chiama mafia. [https://www.aporteschiuse.com/post/la-mafia-%C3%A8-questa-cosa-qui]. L’Italia è migliore di così: deve esserlo, altrimenti tutta questa grande Storia che io tanto amo davvero è solo al tempo passato. E infatti è migliore, solo che a volte se ne dimentica.


Maggio. Le due guerre mondiali. L’inutile strage, Mussolini, i lager, l’assurdità del razzismo. Mettiamo finalmente a tema il razzismo. È più sicuro parlarne facendo impugnare a Hitler - e soltanto a lui – lo scettro del Cattivo. L’alternativa sarebbe mettere a tema il razzismo parlando delle lotte razziali negli USA e lungo le rive del Po, ma è difficile parlare di attualità in classe. Di questo parliamo dopo, mentre aspettiamo insieme la metropolitana.


Giugno. L’ultimo muro: quello di Berlino. Perché la chiamavano guerra fredda, cos’è l’Unione Sovietica, chi era Kennedy e chi Aldo Moro… mi viene in mente di nuovo Primo Levi con Pikolo. Ma quello di Berlino è stato davvero l’ultimo muro? T. non è convinto, mi dice che lui ne ha visto un altro al confine con il Texas. Lo ha visto dalla parte sbagliata, da sud.


Non sarà l’ultimo muro, ma c’è un’ultima domanda: la Storia siamo noi? Noi che siamo in quest’aula no, nessuno leggerà i nostri nomi sui libri di storia del futuro. Però studieranno la nostra epoca e diranno che è stata un’epoca di migrazioni e di cambiamenti climatici, di terrorismo e di sviluppo tecnologico. E noi siamo qui, proprio qui, in mezzo a tutto questo. Una futura prof di storia - magari con i capelli ricci come li ho io - dividerà la lavagna in due parti.

Cosa diranno di noi i suoi studenti: avremo avuto ragione oppure no?

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