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LA DIFFERENZA (THE DIFFERENCE)

Immagine del redattore: A porte SchiuseA porte Schiuse

In una scuola primaria...


Oggi facciamo un’incursione nella scuola primaria. Una scuola qualsiasi, uguale a tutte le altre.

Siamo in una classe di terza elementare e abbiamo di fronte una ventina di bambini di 8 anni. Tra loro, tre non sono nati in Italia e altri due, nati in Italia, hanno però genitori stranieri. Nulla di strano: in linea con la media nazionale (che nell’anno 2017/2018 non ha superato il 22% di alunni di origine non italiana, secondo i dati della Fondazione Ismu e dell’Istat, è bene ricordarlo!).

Eppure questa che abbiamo di fronte è una classe nettamente divisa in due, con una spaccatura tra i bambini che li separa e li allontana gli uni dagli altri come il giorno dalla notte.

La spaccatura è data sì da un luogo, ma in questo caso non si tratta del luogo di provenienza, e nemmeno di un luogo che potresti trovare digitandone il nome su Google Maps.

È invece il luogo dove dimorano le attenzioni dei genitori di questi bambini.

Non ci sono dubbi che il cuore di ciascun genitore sia ancorato al figlio e alla figlia, ma a volte il cuore non basta.

Tanti dei bambini che abbiamo di fronte in questa classe, infatti, sono figli di genitori che, presi da altre preoccupazioni, non riescono a dedicare loro tutta l’attenzione di cui hanno bisogno.

Preoccupazioni legittime, è bene dirlo subito. Preoccupazioni da adulti, che però condizionano anche chi adulto non lo è ancora.

Preoccupazioni legate alla mancanza di lavoro o al suo eccesso. E, più spesso, preoccupazioni legate a una relazione tra adulti che si incrina, scivola, si spegne in fraintendimenti e insulti quotidiani.

Molti dei genitori dei bambini che abbiamo di fronte sono divorziati, oppure separati, oppure non conviventi, oppure non dialoganti, oppure… la lista è purtroppo lunga.

E questa è la linea che separa i bambini nella classe che abbiamo di fronte in questo momento. Da una parte, i figli di famiglie unite. Famiglie italiane o straniere che siano, hanno tutti qualcosa in comune: sono bambini sereni, curiosi, divertenti e divertiti. Dall’altra parte, i figli delle altre famiglie. Famiglie italiane o straniere che siano, anche loro hanno tutti qualcosa in comune: oltre al già impegnativo compito di essere bambini come i loro compagni, hanno anche altre preoccupazioni:

A casa di quale genitore andrò a dormire questa sera? Chi verrà a prendermi? Cosa potrò raccontare alla mamma di quel che ho fatto con il papà lo scorso fine settimana, senza che lei si arrabbi con lui e io debba ascoltare l’ennesima loro litigata telefonica?
È colpa mia?

La differenza, forse, sta qui. Non nel luogo di nascita dei genitori di questi nostri bambini, ma nel luogo dove risiedono le loro attenzioni. Le attenzioni di alcuni – la maggioranza - risiedono qui, su questi bambini, per accompagnarli nel cammino della vita e tenerli per mano fino a che non riusciranno a camminare finalmente da soli. Le attenzioni di altri invece risiedono altrove, forse su loro stessi e sulle loro (legittime) preoccupazioni.



 

THE DIFFERENCE

In a primary school…


Today we’ll take a dive into primary school. An ordinary school, like any other.

We’re in third grade and we’re facing twenty children, eight-year-olds. Among them, three were not born in Italy and two more were born in Italy from foreign parents. Nothing weird about that: perfectly in line with the national average (which in the year 2017/2018 registered 22% of non-Italian children).

But this class has a clear split in the middle, separating and taking apart the children like night and day.

This rift is caused by a location, but it’s not geographical in this case: it’s not due to different places of birth nor is it a location you can find on Google Maps.

It’s the place where the parent’s attention lies.

Undoubtedly, a parent’s heart is right next to their child, but at times heart is not enough.

Many of these children in front of us are born from parents which can’t dedicate them the attention they require, too busy with other thoughts. They’re legitimate worries, that needs to be clarified. Adult worries that have repercussions on those who are not yet adults.

Worries about the lack of a job, or its excess. And, often, thoughts about a relationship between adults that cracks, slips away, fizzles out in misunderstandings and daily disrespect.

Many of these children’s parents are divorced, separated, they don’t live together, they are not even on speaking terms… The list goes on.

This is the line of separation that is present in this class. On one side, the children of tight-knit families. Italian or foreign families, they have something in common: they are happy, curious, funny kids. On the opposite side, the other. They also have something in common. In addition to the difficult task of being kids, they have other worries:

Which parent’s will I sleep at tonight? Who is going to pick me up? What can I tell mom about my week-end with dad, without her getting angry and having to listen to yet another phone argument?
Is it my fault?

The difference, perhaps, lies here. Not in the place of birth of the parents of these children, but in the place where their attention resides. In most cases, it resides here, on these kids, accompanying them in the path of life and holding their hand until they can walk on their own. The attention of others resides elsewhere, maybe on themselves and their (legitimate) worries.

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