Ricordando…
Anno scolastico 2019/2020, sede secondaria, dicembre (Geografia)
Nonostante la tragedia di questa primavera, e per fortuna, in agosto sono riuscita a trascorrere qualche giorno tra le mie montagne, quelle scalando le quali ho trascorso buona parte di tutte le mie estati.
Tra quelle montagne il distanziamento sociale è assicurato dal trionfo della natura, ma non ho mai sofferto di solitudine: a tenermi compagnia - e a giocare con me - ci pensano le salite, le discese, le rocce, gli alberi, i fiumi, i ghiacciai e gli animali.
Di solito, mentre cammino o pedalo tra le mie montagne, il mio cellulare riposa indisturbato nello zaino. Non c’è campo, e se anche ci fosse non me ne importerebbe.
Quest’anno, invece, per la prima volta ho tenuto il cellulare in mano ogni giorno. Ho scattato qualche foto a panorami che tolgono il fiato o a laghi che compaiono all’improvviso, e ho fatto video a marmotte che corrono nel prato e a camosci che se ne infischiano del precipizio.
Avevo promesso queste foto e questi video a J., nato in Mauritania 26 anni fa.
Ci siamo conosciuti a ottobre dell’anno scorso, in classe. Socievole, si arrabatta a parlare un italiano fantasioso ma che ogni giorno si fa più preciso e più corretto.
Nella sua classe insegno storia e geografia. La prima lezione di geografia è la più divertente: con l’aiuto della grande mappa del mondo appesa nell’aula, chiedo a ognuno di loro di indicarmi dove si trova il Paese dove sono nati. È in questo modo che alcuni di loro hanno scoperto con quali altre nazioni confina, e a volte perfino sono riusciti a ricostruire il viaggio che hanno fatto per arrivare in Italia.
Molti dei miei studenti africani, infatti, sono saliti su un camion fermatosi davanti al villaggio dove sono nati e ne sono scesi, giorni o anche settimane dopo, lungo la costa mediterranea della Libia.
Noi li chiamiamo africani e pensiamo alla savana, al deserto, ai leoni (“Hic sunt leones”, ricordate?) e agli elefanti dei safari, ma tanti dei miei studenti hanno da raccontare solo di case umide e affollate, un camion senza finestrini e poi il mare infinito della speranza.
Dopo questa prima lezione, passiamo a parlare dei continenti, del concetto di nord/sud/est/ovest e degli elementi naturali.
Siamo arrivati a questo punto del programma, è dicembre.
J. segue le lezioni con interesse, vuole sapere e vuole capire. Quando non capisce, lo fa notare. Ha tante domande da porre, e poi ancora delle altre. La sua è curiosità, ma anche voglia di scendere da quel camion e vedere com’è il mondo fuori.
Oggi parliamo delle montagne: in Italia ci sono le Alpi, le Dolomiti, gli Appennini; il Monte Bianco, il Monte Rosa, il Passo dello Stelvio. Lo sguardo di J. mi si posa addosso, interrogativo. So che il coraggio di domandare non gli manca, perciò aspetto; sentendomi quasi come mi sentivo quando ero interrogata dai miei professori al liceo e mi torcevo le mani sapendo che non avrei saputo rispondere.
E la domanda di J. arriva presto: “Prof., cosa sono le montagne?”
Resto interdetta.
Cosa sono le montagne? Come mi avesse chiesto che cos’è l’aria, per me che respiro montagne da quando sono nata. A volte dimentico che io sono una privilegiata.
Provo a spiegarglielo, ma le mie parole non mi piacciono: “Quelle alte alte, immense… le avrai viste di sicuro… Sono ricoperte di foreste e tutte ammassate una sull’altra… ma ci sono delle valli in mezzo… puoi salirci, se ti piace camminare…”.
Non capisce. Con questa spiegazione, in effetti, non avrei capito nemmeno io.
La sua lingua madre è il francese, ma conosce anche l’arabo. I suoi compagni gli ripetono la mia scarna spiegazione in queste due lingue e aggiungono altro. Anche per loro è una sfida!
J. però continua a domandare.
Prendo il mio cellulare e gli mostro alcune delle (poche) foto che ho scattato la scorsa estate.
“È bellissimo!”, risponde.
Sì, è bellissimo. E anche qualcosa di più. È necessario, è vitale, è… per quanto mi riguarda, trascorrere qualche giorno tra le montagne dovrebbe essere inserito tra i diritti fondamentali di ogni individuo, accanto al diritto alla vita e alla dignità.
J. non ha mai visto una montagna dal vivo. E nemmeno ne ha mai visto una fotografia. In televisione, forse, ma le telecamera della televisione non inquadrano mai la bellezza della fatica. Eppure lui conosce bene questo particolare tipo di bellezza.
Le foto e i video che ho fatto quest’estate sono per lui. Gli invio tutto, giorno dopo giorno, con l’augurio che presto abbia anche lui qualche spettacolo della natura con cui bagnarsi gli occhi.
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